AA.VV., Dalla Monarchia alla Repubblica (1944-1948) Alessio Pizziconi

AA.VV., Dalla Monarchia alla Repubblica (1944-1948), a cura di Aldo A. Mola,  Bastogi Libri, Roma, 2017, pp. 289, 18

Il 2-3 giugno 1946, gli italiani vennero chiamati alle urne per scegliere la futura forma istituzionale dello Stato e l’Assemblea costituente. Con il 54% dei voti validi, secondo i dati ufficiali della Corte Suprema di Cassazione, prevalse la forma repubblicana. Pur oggetto di numerosissimi studi, il passaggio dalla monarchia alla repubblica rappresenta un passo fondamentale della storia politica dell’Italia contemporanea ed alcuni aspetti di questo sono stato a lungo tempo elusi.

Il volume in esame raccoglie gli Atti di un convegno internazionale organizzato dal Centro europeo Giovanni Giolitti per lo studio dello Stato per far più luce su alcuni aspetti del referendum istituzionale del giugno 1946. Nei due giorni, studiosi di chiara fama vi hanno tracciato il quadro istituzionale, politico e civile del Paese negli anni della travagliata transizione istituzionale, tra guerre e nuovi equilibri politico-militari planetari. Al referendum l’Italia risultò divisa in un’area prevalente monarchica (il Mezzogiorno e il Lazio) e una quasi repubblicana (il Centro e il Nord). Alcune zone risultarono escluse: Trieste, Gorizia, l’Istria, Fiume, Pola, Zara e la provincia di Bolzano, in quanto occupate e dal destino incerto. Inoltre tre milioni di cittadini non poterono votare in quanto prigionieri di guerra ancora trattenuti in altri stati -nonostante il conflitto fosse terminato da un anno- o esclusi per motivi politici o non ben noti. Il referendum si svolse in un clima complessivamente tranquillo, nel quale i cittadini, pur reduci da una sanguinosa guerra civile appena conclusa, seppero dare esempio di inusuale senso civico. Tuttavia occorre ricordare una intensa campagna di demonizzazione della monarchia da parte dell’estrema sinistra, partito repubblicano, partito d’azione, parte dei democristiani e persino molti liberali. Inoltre occorre ricordare che il 2-3 giugno i cittadini andarono alle urne mentre incombeva la pubblicazione del Trattato di pace, duramente punitivo nei confronti dell’Italia, già profondamente piegata nella sua struttura economica e amministrativa da cinque anni terribili.

Il volume si apre con l’analisi di Attilio Mola sull’evoluzione della dottrina giuridica italiana sugli aspetti del diritto di asilo ai rifugiati, un tema contingente vista la purtroppo complessa dimensione del fenomeno che sta attualmente subendo il continente europeo. GianPaolo Ferraioli esamina nel suo saggio il rapporto tra Stati Uniti ed Italia negli anni a cavallo tra l’armistizio del 43 e la proclamazione della Repubblica, mettendo in luce l’equilibrio di potere esistente tra le potenze alleate occupanti, e i leader dei partiti che sarebbero poi stati protagonisti nell’immediato dopoguerra. In questa ottica emerge il continuo lavoro di De Gasperi volto a tutelare la condotta dei governi italiani e a difenderne l’autonomia, pur in un quadro di forti relazioni con l’amministrazione Roosevelt e il Dipartimento di Stato americano, preoccupati che l’opzione referendaria o le decisioni dell’Assemblea costituente potessero aprire a scenari simili a quanto stava accadendo nell’Europa orientale. Continuando nella sfera delle relazioni internazionali, e in particolar modo in quelle con la Scandinavia, Enrico Tiozzo analizza il cambiamento istituzionale attraverso le valutazioni che fecero degli ambasciatori scandinavi in quegli anni in Italia. Il referendum del giugno 1946 rappresentò anche la prima volta che in Italia le donne poterono esercitare il diritto al voto nelle elezioni politiche: il saggio di Ulla Akerström focalizza il ruolo delle monarchie nel cammino per il suffragio femminile in Norvegia, Danimarca e Svezia.

Come scrive lo stesso Mola, mentre è nota la condotta dei partiti consociati nel CLN, meno approfonditi rimangono l’orientamento di organizzazioni elitarie dai solidi legami internazionali (è il caso della massoneria) e i modi nei quali il cambio di istituzione fu percepito all’estero. Se è facile individuare le posizioni dei vari partiti politici, risulta complesso individuare le tendenze della massoneria. Le analisi condotte dai lavori di Mola e di Pruneti ci consentono di affermare che la massoneria italiana fu, di fronte al referendum, coerente con la propria tradizione e a un Grande oriente orientato verso la repubblica si contrappose la compagine di piazza del Gesù apertamente filo-monarchica, naturalmente l’allineamento è riferibile ai vertici e non ai militanti che potevano essere pure di avviso diverso. Dopo la consultazione, le varie compagini massoniche si affrettarono a pubblicare documenti nei quali invitavano alla concordia nazionale. Antonino Zarcone analizza la complessa situazione delle forze armate in quegli anni: difficoltà, divisioni ideologiche, processo di democratizzazione. Ricordiamo che il nuovo Esercito italiano muove i primi passi in un periodo difficilissimo. Come sempre in questi casi, vi fu chi in ottemperanza del giuramento, rimase fedele alla Patria indipendentemente dall’assetto istituzionale, e chi anche tra le alte sfere scese a compromessi pur di garantirsi l’impunità e -vergognosamente- se possibile un posto nella futura Italia repubblicana. Non può mancare, nonostante la scarsità di documenti sullo specifico tema del referendum istituzionale, una ricostruzione degli orientamenti del “mondo garibaldino” nel saggio di Sergio Goretti, che analizza le posizioni assunte da reduci, volontari e discendenti del Generale. Poco prima del referendum, il 19 maggio 1946 era uscita in numero unico la rivista Camicia Rossa: chi si aspettava una decisa presa di posizione in favore della repubblica restò deluso, al tema referendario non si faceva alcun cenno, a dimostrazione del fatto che anche la famiglia garibaldina non viaggiava compatta. Il contesto sociale del sud alla vigilia del referendum istituzionale viene attentamente analizzato nel saggio di Mario Caligiuri, che tratta della complessa situazione del Mezzogiorno, da sempre favorevole alla monarchia, percepita come garante di stabilità sociale e di ordine. Inoltre la Resistenza ebbe una dinamica e un impatto radicalmente differente nel Sud rispetto al Nord, con tutte le implicazioni che ne seguirono. Il contributo di Aldo G. Ricci analizza la proposta costituente dei liberali, e di come l’idea del testo costituzionale considerato sintesi delle tre correnti maggioritarie (liberale, cattolica e socialista) sia in realtà totalmente fuorviante. Le proposte dei liberali risultarono sempre soccombenti di fronte alla convergenza tra la componente cattolica e i socialcomunisti. Critiche verso talune impostazioni vennero sempre anche da massimi giuristi quali Mortati e Calamandrei, soprattutto riguardo le richieste senza risposta per l’introduzione di norme intese a regolare e controllare l’organizzazione e la gestione dei nuovi gelosi protagonisti della vita politica: i partiti. Le conseguenze di ciò sono estremamente evidenti tuttora. Tito Lucrezio Rizzo esamina dettagliatamente la transizione giuridica dal Ministero della Real Casa all’istituzione della Presidenza della Repubblica, mentre nel contributo di Clausio Susmel viene fatta luce sulle caratteristiche e sulle conseguenze che gli Alleati inflissero all’Italia con il Trattato di Pace. Non manca poi una trasposizione del Referendum nella cinematografia italiana a cura di Giorgio Sangiorgi.

Un volume ricco di dettagliate analisi da parte di autorevoli studiosi su alcuni aspetti poco conosciuti di un passaggio così fondamentale della storia dell’Italia contemporanea.